domenica, maggio 21, 1995

LE NUOVE FRONTIERE DELLA CULTURA

LA GAZZETTA DI CHIETI
Sono passati circa due anni da quando l’allora Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Dott. Ronchey, annunciò all’opinione pubblica internazionale il suo progetto di rinnovamento e valorizzazione dei Beni Culturali Italiani.
Clamoroso fu l’ordine di far spostare tutti i venditori di souvenirs che da anni esercitavano il commercio in Piazza S. Marco, a Venezia, destinandoli a luoghi meno frequentati dai turisti ma, nel contempo, ridonando alla storica Piazza un’immagine
più naturale ed apprezzabile.
Fu detto che, nel futuro, ogni museo italiano, seguendo l’esempio di ciò che avviene ormai da
tempo all’estero, sarebbe stato dotato di una serie di conforts, tra i quali anche Bar, ristoranti e, soprattutto, “Servizio editoriale di vendita riguardante le riproduzioni di Beni Culturali e la realizzazione di cataloghi ed altro materiale informativo”, così come recita l’articolo 4 punto a) del Decreto Legge 14/11/92 n. 433.
La realtà, purtroppo, ha voluto che né il Ministro Ronchey né i suoi successori siano riusciti finora a concretizzare pienamente tutti questi buoni propositi.
Naturalmente molto sta influendo il clima di incertezza politica nel quale stiamo vivendo e, per onestà, bisogna ammettere che i nostri Direttori Generali stanno mettendo tutto il loro impegno per portare, nell’ambito delle loro competenze, i nostri musei a livelli degli standards europei.
Il risultato, comunque, è che il nostro paese, che non può vantare ricchezze naturali come il petrolio
potrebbe, però, utilizzare quella grande ricchezza che è il patrimonio artistico e culturale che, se ben sfruttato in modo intelligente, darebbe un grande contributo al sollevamento dai gravi problemi economici che ci affliggono.
Non è certo trovando musei chiusi o aperti in strani orari o, comunque, senza validi servizi igienici o di ristoro, che si incrementerà il turismo.
Così come in certe regioni del nord, dove maggiore è l’affluenza del turismo d’oltralpe ( quello per intenderci, che più è avvantaggiato dal cambio di valuta), viene data la possibilità di visitare zone archeologiche, monumento o musei, pagando cifre assolutamente ridicole o, nella maggior parte dei casi, usufruendo dell’ingresso gratuito.
Ad esempio: tra Piemonte, Liguria, Lombardia, Friuli, Veneto e Trentino, contiamo 56 musei o zone archeologiche, di cui ben 31 con ingresso gratuito e le rimanenti costano al visitatore una cifra che oscilla tra le 4 e le 8 mila lire.
Si potrà obiettare che, visto le condizioni disastrate in cui versano i nostri musei, non si può chiedere di più al turista ma, allora, perché non adoperarci per valorizzare seriamente e definitivamente questo immenso patrimonio ereditato dalla creatività e sapienza dei nostri predecessori?
Bisogna quindi operare agendo contemporaneamente su due fattori: tutela e valorizzazione.
Per quanto riguarda la tutela molto si è fatto e molto si continua a fare.
Per ciò che concerne la valorizzazione bisognerà entrare in un’ottica più europea ed arrivare all’equazione Arte = Investimento.
Investire in cultura, dal mio punto di vista, significa utilizzare la realtà artistica di cui disponiamo, non però con la mentalità del burocrate ma con quella dell’imprenditore.
Se un museo costa 100 lire l’anno alle casse dello Stato per la
sua manutenzione, entro l’anno deve rendere almeno il triplo e, se non si riesce a centrare l’obiettivo, bisogna adoperarsi in tutti i modi per far sì che questo accada.
A questo punto non possiamo che auspicare che i nostri funzionari e soprintendenti prendano in esame questa possibilità che collocherebbe i musei italiani in un posto privilegiato nel panorama culturale mondiale.
Stefano Innocentini: La Gazzetta di Chieti del 21 maggio 1995

giovedì, maggio 27, 1993

BENI CULTURALI E MANI PULITE

Abbiamo appreso, attraverso la stampa, le recenti notizie riguardanti l’inchiesta dei giudici di "Mani pulite" sulla allegra gestione del patrimonio dei Beni Culturali.
In qualità di iscritti al Sindacato Nazionale Autonomo Beni Culturali e Ambientali desideriamo manifestare ufficialmente la piena soddisfazione per l’avvio delle indagini in questione e il pieno appoggio morale ai giudici che sono chiamati a far luce sui presunti illeciti nella gestione degli appalti.
Non abbiamo elementi concreti per poter esprimere un giudizio pro o contro i nostri funzionari, ma possiamo con sincerità affermare che da molti anni si vociferava, tra gli addetti ai Beni Culturali, di presunte mazzette prese sugli appalti e, in modo particolare erano note molte abitudini di funzionari del nostro Ministero, che ostentavano un tenore di vita assai superiore a quelle che erano le ufficiali possibilità economiche.
Ben venga quindi questa inchiesta che, siamo sicuri, porterà finalmente chiarezza in un settore, quello dei Beni Culturali, che ha bisogno di un profondo rinnovamento tecnico e morale, rinnovamento al quale daremo con tutte le nostre forze un contributo determinante.
Stefano Innocentini: Il Sole 24 Ore - 27 maggio 1993

sabato, aprile 24, 1993

A Pasqua i musei sono rimasti aperti. Ma dopo?

Il settore dei Beni culturali sta attraversando un momento di particolare gloria.
Quotidianamente i mass media mettono in risalto le iniziative del Ministro Ronchey grazie alle quali, almeno in apparenza, si sta cercando di risolvere i problemi legati al patrimonio culturale nazionale.
Una di queste iniziative, quella di mobilitare più di 100 custodi, che sono stati destinati a sedi diverse da quelle di appartenenza, ha suscitato molto entusiasmo e si è cantato vittoria, soprattutto nel periodo successivo alla Pasqua.
Non voglio, in questa sede, entrare in polemica con gli amici giornalisti o con il Ministro Ronchey.
In qualità di addetto stampa del Sindacato Nazionale Autonomo per i Beni Culturali e Ambientali (S.N.A.B.C.A.), vorrei però portare un esempio di come si sono svolte in realtà le cose.
La vicenda che voglio narrare è quella di un nutrito gruppo di Addetti ai Servizi di Vigilanza che, da più parti d’Italia, è stato destinato a prestare servizio a Firenze.
Il problema principale, naturalmente, era quello dell’alloggio.
Il Ministero ha provveduto a mettere a disposizione dei sopracitati lavoratori, alcune stanze situate nel complesso di una villa il cui nome è “Villa Pieragnoli”, che si trova a circa 23 km da Firenze.
Non mi soffermo a descrivere le precarie condizioni igenico–sanitarie in cui sono stati costretti a vivere questi lavoratori. Basti pensare che le camere erano a 4-6 letti, le porte prive di serrature, le pareti cosparse di umidità e un unico bagno per uomini e donne.
Già la distanza dal centro di Firenze rende l’idea della difficoltà trovata dagli Addetti ai Servizi di Vigilanza per raggiungere il luogo di lavoro.
Questo sarebbe stato nulla se Villa Pieragnoli fosse stata ben servita dai mezzi pubblici.
I mezzi pubblici, invece, passavano a circa 3 km dalla villa e quindi il disagio per questi lavoratori era notevole.
La cosa paradossale, poi, è che in alcuni casi sono stati “obbligatoriamente” mandati in ferie alcuni Addetti ai Servizi di Vigilanza di Firenze per lasciar posto ai loro colleghi in missione.
A questo punto l’opinione pubblica, a mio giudizio, deve farsi un’idea di come sono andate effettivamente le cose nel periodo pasquale e non lasciarsi influenzare dal tono pomposo e vittorioso dei mass media che hanno messo in risalto l’apparenza, la facciata, ma non la disorganizzazione e l’approssimazione con cui si è provveduto a mandare in missione dei lavoratori.
Ricordiamoci che ogni struttura è creata e portata avanti da esseri umani che vogliono sia rispettata la loro dignità di uomini, spesso padri di famiglia, che lavorano con decoro, serietà e competenza e che, quindi, non debbono più essere trattati come pecore di cui poter disporre autoritariamente.
Stefano Innocentini: Il sole 24 Ore - 24 aprile 1993