LA GAZZETTA DI CHIETI
Sono passati circa due anni da quando l’allora Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Dott. Ronchey, annunciò all’opinione pubblica internazionale il suo progetto di rinnovamento e valorizzazione dei Beni Culturali Italiani.
Clamoroso fu l’ordine di far spostare tutti i venditori di souvenirs che da anni esercitavano il commercio in Piazza S. Marco, a Venezia, destinandoli a luoghi meno frequentati dai turisti ma, nel contempo, ridonando alla storica Piazza un’immagine
più naturale ed apprezzabile.
Fu detto che, nel futuro, ogni museo italiano, seguendo l’esempio di ciò che avviene ormai da
tempo all’estero, sarebbe stato dotato di una serie di conforts, tra i quali anche Bar, ristoranti e, soprattutto, “Servizio editoriale di vendita riguardante le riproduzioni di Beni Culturali e la realizzazione di cataloghi ed altro materiale informativo”, così come recita l’articolo 4 punto a) del Decreto Legge 14/11/92 n. 433.
La realtà, purtroppo, ha voluto che né il Ministro Ronchey né i suoi successori siano riusciti finora a concretizzare pienamente tutti questi buoni propositi.
Naturalmente molto sta influendo il clima di incertezza politica nel quale stiamo vivendo e, per onestà, bisogna ammettere che i nostri Direttori Generali stanno mettendo tutto il loro impegno per portare, nell’ambito delle loro competenze, i nostri musei a livelli degli standards europei.
Il risultato, comunque, è che il nostro paese, che non può vantare ricchezze naturali come il petrolio
potrebbe, però, utilizzare quella grande ricchezza che è il patrimonio artistico e culturale che, se ben sfruttato in modo intelligente, darebbe un grande contributo al sollevamento dai gravi problemi economici che ci affliggono.
Non è certo trovando musei chiusi o aperti in strani orari o, comunque, senza validi servizi igienici o di ristoro, che si incrementerà il turismo.
Così come in certe regioni del nord, dove maggiore è l’affluenza del turismo d’oltralpe ( quello per intenderci, che più è avvantaggiato dal cambio di valuta), viene data la possibilità di visitare zone archeologiche, monumento o musei, pagando cifre assolutamente ridicole o, nella maggior parte dei casi, usufruendo dell’ingresso gratuito.
Ad esempio: tra Piemonte, Liguria, Lombardia, Friuli, Veneto e Trentino, contiamo 56 musei o zone archeologiche, di cui ben 31 con ingresso gratuito e le rimanenti costano al visitatore una cifra che oscilla tra le 4 e le 8 mila lire.
Si potrà obiettare che, visto le condizioni disastrate in cui versano i nostri musei, non si può chiedere di più al turista ma, allora, perché non adoperarci per valorizzare seriamente e definitivamente questo immenso patrimonio ereditato dalla creatività e sapienza dei nostri predecessori?
Bisogna quindi operare agendo contemporaneamente su due fattori: tutela e valorizzazione.
Per quanto riguarda la tutela molto si è fatto e molto si continua a fare.
Per ciò che concerne la valorizzazione bisognerà entrare in un’ottica più europea ed arrivare all’equazione Arte = Investimento.
Investire in cultura, dal mio punto di vista, significa utilizzare la realtà artistica di cui disponiamo, non però con la mentalità del burocrate ma con quella dell’imprenditore.
Se un museo costa 100 lire l’anno alle casse dello Stato per la
sua manutenzione, entro l’anno deve rendere almeno il triplo e, se non si riesce a centrare l’obiettivo, bisogna adoperarsi in tutti i modi per far sì che questo accada.
A questo punto non possiamo che auspicare che i nostri funzionari e soprintendenti prendano in esame questa possibilità che collocherebbe i musei italiani in un posto privilegiato nel panorama culturale mondiale.
Stefano Innocentini: La Gazzetta di Chieti del 21 maggio 1995
Clamoroso fu l’ordine di far spostare tutti i venditori di souvenirs che da anni esercitavano il commercio in Piazza S. Marco, a Venezia, destinandoli a luoghi meno frequentati dai turisti ma, nel contempo, ridonando alla storica Piazza un’immagine
più naturale ed apprezzabile.
Fu detto che, nel futuro, ogni museo italiano, seguendo l’esempio di ciò che avviene ormai da
tempo all’estero, sarebbe stato dotato di una serie di conforts, tra i quali anche Bar, ristoranti e, soprattutto, “Servizio editoriale di vendita riguardante le riproduzioni di Beni Culturali e la realizzazione di cataloghi ed altro materiale informativo”, così come recita l’articolo 4 punto a) del Decreto Legge 14/11/92 n. 433.
La realtà, purtroppo, ha voluto che né il Ministro Ronchey né i suoi successori siano riusciti finora a concretizzare pienamente tutti questi buoni propositi.
Naturalmente molto sta influendo il clima di incertezza politica nel quale stiamo vivendo e, per onestà, bisogna ammettere che i nostri Direttori Generali stanno mettendo tutto il loro impegno per portare, nell’ambito delle loro competenze, i nostri musei a livelli degli standards europei.
Il risultato, comunque, è che il nostro paese, che non può vantare ricchezze naturali come il petrolio
potrebbe, però, utilizzare quella grande ricchezza che è il patrimonio artistico e culturale che, se ben sfruttato in modo intelligente, darebbe un grande contributo al sollevamento dai gravi problemi economici che ci affliggono.
Non è certo trovando musei chiusi o aperti in strani orari o, comunque, senza validi servizi igienici o di ristoro, che si incrementerà il turismo.
Così come in certe regioni del nord, dove maggiore è l’affluenza del turismo d’oltralpe ( quello per intenderci, che più è avvantaggiato dal cambio di valuta), viene data la possibilità di visitare zone archeologiche, monumento o musei, pagando cifre assolutamente ridicole o, nella maggior parte dei casi, usufruendo dell’ingresso gratuito.
Ad esempio: tra Piemonte, Liguria, Lombardia, Friuli, Veneto e Trentino, contiamo 56 musei o zone archeologiche, di cui ben 31 con ingresso gratuito e le rimanenti costano al visitatore una cifra che oscilla tra le 4 e le 8 mila lire.
Si potrà obiettare che, visto le condizioni disastrate in cui versano i nostri musei, non si può chiedere di più al turista ma, allora, perché non adoperarci per valorizzare seriamente e definitivamente questo immenso patrimonio ereditato dalla creatività e sapienza dei nostri predecessori?
Bisogna quindi operare agendo contemporaneamente su due fattori: tutela e valorizzazione.
Per quanto riguarda la tutela molto si è fatto e molto si continua a fare.
Per ciò che concerne la valorizzazione bisognerà entrare in un’ottica più europea ed arrivare all’equazione Arte = Investimento.
Investire in cultura, dal mio punto di vista, significa utilizzare la realtà artistica di cui disponiamo, non però con la mentalità del burocrate ma con quella dell’imprenditore.
Se un museo costa 100 lire l’anno alle casse dello Stato per la
sua manutenzione, entro l’anno deve rendere almeno il triplo e, se non si riesce a centrare l’obiettivo, bisogna adoperarsi in tutti i modi per far sì che questo accada.
A questo punto non possiamo che auspicare che i nostri funzionari e soprintendenti prendano in esame questa possibilità che collocherebbe i musei italiani in un posto privilegiato nel panorama culturale mondiale.
Stefano Innocentini: La Gazzetta di Chieti del 21 maggio 1995